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Angelo Manetti, il navigatore calabrese sulle navi portoghesi e di Cristoforo Colombo

di Giuseppe Pisano

Forse nessun altro uomo al mondo prima di lui ha intrapreso esplorazioni geografiche tanto estese, dalle cosiddette Indie Orientali a quelle Occidentali e per giunta insieme ai grandi esploratori della terra come Cristoforo Colombo e Vasco da Gama. Si tratta di Angelo Manetti (o Manetto o Manetta), proveniente dal paese di Aiello Calabro, il quale rimane ancora oggi un personaggio del tutto sconosciuto. Notizie su questo misterioso navigatore calabrese si ritrovano su un testo datato 1770 scritto dall’abate umbro Cesare Orlandi il quale afferma di ricavare da un antico manoscritto la notizia che il nostro conterraneo Manetti fece parte dell’importantissima spedizione marittima portoghese che portò, nel 1498, alla scoperta delle cosiddette “Indie Orientali”, fino a Calcutta.
L’Oceano Indiano aveva avuto, durante tutto il Medioevo, contatti difficili con il Mediterraneo, perché bisognava superare la barriera musulmana, attraversare l’Egitto o le zone desertiche inospitali. Il grande merito di questa flotta portoghese, comandata da Vasco da Gama, consistè appunto nel mettere in contatto tali ambienti, aprendo il passaggio a sud-est, cioè la via diretta di comunicazione fra Atlantico e Oceano Indiano. Pare che la scelta del comandante, per questa delicata quanto quasi impossibile spedizione, fosse stata effettuata, prima di morire, dal re Giovanni II che allora ricopriva anche la carica di Gran Maestro dei cavalieri di Cristo di Tomar. Al finanziamento avevano concorso i Sernigi, banchieri fiorentini stabilitisi in Portogallo, la nazione i cui abitanti, per la loro grande attività evangelizzatrice esercitata in tutto il mondo, meritarono, da Papa Pio XII (lo stesso Papa che proclamò San Francesco da Paola “Patrono della gente di mare italiana”), l’appellativo di “popolo crociato e missionario”.
Tra i 160 membri dell’equipaggio (molti di loro avevano già partecipato ai viaggi di Diogo Cào e Bartolomeo Diaz effettuati tra il 1485 e il 1488) a bordo delle 4 navi che salparono da Lisbona l’8 luglio 1497 e giunsero, dopo avere doppiato il Capo di Buona Speranza, fino a Calcutta c’era, quindi, anche il nostro Manetti. Ma quale fosse, però, il suo vero ruolo in quest’ardua spedizione, che vide tra l’altro la decimazione di buona parte dei partecipanti a causa della malattia dello scorbuto, non è dato sapersi. Si potrebbe trattare, per usare un definizione dello storico Jacques Heers, di un “cavaliere navigatore”. Di certo si sa che Angelo Manetti apparteneva ad una famiglia aristocratica di Aiello, paese che fu infeudato dai Cybo, la casata del papa Innocenzo VIII, Giovanni Battista Cybo il pontefice che, grazie ad alcuni studi effettuati di recente, pare sia stato l’artefice, il vero sponsor, del viaggio di Cristoforo Colombo. L’Orlandi ci fa sapere anche che la famiglia Manetti si era stabilita in Massa Carrara, la città dove dimoravano i Cybo. I legami tra le due famiglie erano da sempre molto forti e nel ‘700 il Conte Giovanni Battista Manetti rivestiva addirittura la carica di Segretario di Stato per conto della casa ducale di Modena.
Questi legami secolari tra le famiglie Manetti e Cybo e la notizia, riportata sul manoscritto antico, che Angelo Manetti partecipò ad uno o più viaggi, non escluso il primo di scoperta, di Cristoforo Colombo gettano, senza ombra di dubbio, nuovi interrogativi sulla storia della scoperta dell’America e del grande navigatore genovese: si avvalora maggiormente la tesi, portata avanti principalmente dallo studioso Ruggero Marino, di una regia Vaticana e di papa Innocenzo VIII nella spedizione ultraoceanica; diviene sempre meno credibile la teoria secondo cui Cristoforo Colombo, dopo avere viaggiato con uomini come Manetti che avevano conoscenze dirette di navigazione sia nelle cosiddette Indie Orientali che in quelle Occidentali, non si convinse mai di avere scoperto un nuovo continente, mentre invece si avvalora maggiormente la tesi che l’Ammiraglio preferì non osare mettersi contro la cosmografia medievale per non essere tacciato di eresia; aumentano le probabilità che Colombo, e forse anche il nostro Manetti, appartenessero ad una setta, non esclusa quella dei cavalieri di Cristo (eredi dei Templari), che perseguiva un disegno, voluto dalla Chiesa di Roma, che doveva portare ad una nuova crociata antimusulmana, alle soglie del ‘500, per la riconquista del Santo Sepolcro di Gerusalemme.
Il tomo dell’abate umbro ci informa anche che il Manetti, dopo avere fatto ritorno ad Aiello, “si ritrovò alla battaglia di Seminara con il gran Capitano” Consalvo da Cordova che comandava la cavalleria contro i francesi.
Manetti rimane ancora oggi sconosciuto anche agli stessi calabresi, non esiste neanche una via o una piazza dedicata a lui in Calabria, e nemmeno nel suo paese d’origine. Tutto ciò è davvero triste, e ancor più triste è stato l’atteggiamento di non considerazione da parte di istituzioni come la Regione Calabria nei riguardi di un progetto di rivalutazione di questo personaggio straordinario presentato dal sottoscritto già due anni orsono.

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