Cenni su Aiello Calabro
Aiello Calabro, a metà strada tra il #mare e la #montagna, è un paesino arroccato sulle colline dell'entroterra tirrenico cosentino, che affonda le sue origini nel passato remoto. Anche qui, come nei territori di #Serra, #Cleto e #Campora, sono state ritrovate alcune tombe risalenti al periodo della città di #Temesa. Posto in un luogo strategico per il controllo delle vie di comunicazione, Aiello è stato nel corso dei secoli al centro di aspre lotte di potere: dai #Saraceni ai #Normanni, dagli #Svevi agli #Aragonesi. Oggi Aiello, spopolato dall'#emigrazione, conserva un suo fascino particolare per la #storia che vi si respira, per le importanti architetture del tessuto urbano, per le tradizioni della sua cucina e dell'artigianato. Un giro per le viuzze che attraversano il centro antico, dominato dalla rocca che ospita i resti del grande #castello, svelerà al visitatore le bellezze del paese, tra tutte il #palazzoCybo e la #CappellaCybo. Ma anche l'esteso territorio circostante, con le sue frazioni, è da scoprire. Consigliabile una visita al bosco del #MonteFaeto, dove rilassarsi nel verde della natura.
Aiello Calabro (Cs)
Ajello, il cui territorio è circa 39 kmq, tra i 70 e i 1100 metri slm, a metà strada tra il mare e la montagna, è un piccolo paesino - abitato da poco meno di duemila anime - arroccato sulle colline dell'entroterra tirrenico cosentino. Le sue origini risalgono al passato remoto. Ne sono testimonianze, nei primi anni '60, i ritrovamenti in località Valle di una selce paleolitica e di alcune tombe databili al 550 a.C. che contenevano oggetti classificati come aryballoi, ovvero porta profumi corinzi. Che questi oggetti siano di fattura magno greca non ci sono dubbi. Come non ci dovrebbero essere dubbi che il territorio di Aiello Calabro potesse essere parte di un territorio più ampio, in cui erano diversi i nuclei abitativi a stretto contatto tra loro e che potrebbe corrispondere alla antica Temesa, ubicata tra l'Olivo ed il Savuto.
Posto in un luogo strategico, per il controllo delle vie di comunicazione, Aiello è stato nel corso dei secoli al centro di aspre lotte di potere. I Saraceni del vicino Emirato di Amantea, come racconta la leggenda, nel tentativo di farlo capitolare “per fame”, furono persuasi a desistere dal genio degli aiellesi che per dimostrare di avere scorte a sufficienza, dalle mura del castello lanciarono delle 'pezze' di formaggio ottenute dal latte delle loro donne. I Normanni, nel 1065, guidati da Roberto il Guiscardo lo assediarono per quattro mesi, prima di ottenerne la resa. L'importanza di questo lembo di terra “…grossa, nobile, et civile” è dimostrata nel corso delle alterne vicende storiche. Con gli Aragonesi, il feudo aiellese, dai Sersale fu assegnato al viceré di Calabria e conte di Ajello, Francesco Siscar. Tale periodo per Aiello è molto florido e si registra una notevole espansione demografica, sociale ed economica che continua con il Viceregno spagnolo in cui cresce l'agricoltura e la produzione della seta. Nel 1566 il Feudo viene acquistato per 38 mila ducati dal principe di Massa, Alberico Cybo Malaspina. Con questa famiglia di origini liguri toscane, che ne mantenne la proprietà sino all'eversione della feudalità, lo “Stato di Aiello” passa da contea a marchesato e poi nel 1065 a ducato. A questo periodo si devono alcune delle più pregevoli testimonianze architettoniche artistiche e storiche del borgo antico: il palazzo Cybo e la omonima cappella gentilizia, dove è custodita la statua della Madonna delle Grazie, molto venerata dagli aiellesi. Nel decennio francese la cittadina passa nella giurisdizione del cantone di Belmonte, quindi nel governo di Rogliano, sino al 1811, anno in cui è capoluogo di Circondario (comprendente Terrati, Serra, Lago, Laghitello, Pietramala e Savuto). Negli anni a seguire: la Restaurazione borbonica, poi Garibaldi che unisce l'Italia, il Brigantaggio, e il terremoto del 1905 che distrugge buona parte dell'abitato. Nel 1864 prende il nome di Aiello di Calabria che muta nel 1928 in Aiello Calabro, incorporando Cleto e Serra, i quali divengono comuni autonomi, il primo nel 1934, il secondo nel 1937.
Arte e culturaPosto in un luogo strategico, per il controllo delle vie di comunicazione, Aiello è stato nel corso dei secoli al centro di aspre lotte di potere. I Saraceni del vicino Emirato di Amantea, come racconta la leggenda, nel tentativo di farlo capitolare “per fame”, furono persuasi a desistere dal genio degli aiellesi che per dimostrare di avere scorte a sufficienza, dalle mura del castello lanciarono delle 'pezze' di formaggio ottenute dal latte delle loro donne. I Normanni, nel 1065, guidati da Roberto il Guiscardo lo assediarono per quattro mesi, prima di ottenerne la resa. L'importanza di questo lembo di terra “…grossa, nobile, et civile” è dimostrata nel corso delle alterne vicende storiche. Con gli Aragonesi, il feudo aiellese, dai Sersale fu assegnato al viceré di Calabria e conte di Ajello, Francesco Siscar. Tale periodo per Aiello è molto florido e si registra una notevole espansione demografica, sociale ed economica che continua con il Viceregno spagnolo in cui cresce l'agricoltura e la produzione della seta. Nel 1566 il Feudo viene acquistato per 38 mila ducati dal principe di Massa, Alberico Cybo Malaspina. Con questa famiglia di origini liguri toscane, che ne mantenne la proprietà sino all'eversione della feudalità, lo “Stato di Aiello” passa da contea a marchesato e poi nel 1065 a ducato. A questo periodo si devono alcune delle più pregevoli testimonianze architettoniche artistiche e storiche del borgo antico: il palazzo Cybo e la omonima cappella gentilizia, dove è custodita la statua della Madonna delle Grazie, molto venerata dagli aiellesi. Nel decennio francese la cittadina passa nella giurisdizione del cantone di Belmonte, quindi nel governo di Rogliano, sino al 1811, anno in cui è capoluogo di Circondario (comprendente Terrati, Serra, Lago, Laghitello, Pietramala e Savuto). Negli anni a seguire: la Restaurazione borbonica, poi Garibaldi che unisce l'Italia, il Brigantaggio, e il terremoto del 1905 che distrugge buona parte dell'abitato. Nel 1864 prende il nome di Aiello di Calabria che muta nel 1928 in Aiello Calabro, incorporando Cleto e Serra, i quali divengono comuni autonomi, il primo nel 1934, il secondo nel 1937.
Per chi ama immergersi in un’atmosfera che riporti indietro nel tempo, ecco cosa visitare:
Fu certamente “…una delle prime fortezze del regno” (L. Alberti, 1525/26). Infatti, l’impianto del vecchio maniero che, dal promontorio Tilesio su cui sorge, domina il borgo medioevale, secondo diversi documenti iconografici, dovrebbe risalire, nella struttura attuale (sebbene diruta), al tempo di Francisco Siscar, viceré di Calabria sotto gli Aragonesi, pur inglobando strutture precedenti risalenti ai Normanni e forse al Castron bizantino (Ajello o Tilesio, sic? fu distrutta dai Saraceni nel 981). Il castello, da cui si poteva controllare una bretella della Via consolare romana Annia che sboccava al mare, fu di fondamentale importanza militare. Composto da: cinque porte ferrate e ponte levatoio, torri (il Mastio a base quadrata, la torre dell’Orologio e diverse torri d’avvistamento), cappelle, cisterne per i bisogni della cittadella, cinta muraria e cunicoli per le fughe, è andato in rovina a seguito dei terremoti del 1638, del 1783 e del 1905, oltre che per l’incuria dell’uomo. Tuttavia, restano eloquenti vestigia, quali: mura perimetrali, torri angolari speronate, cisterne, ed alcune stanze sotto le torri, che è consigliabile visitare. Al castello si giunge attraverso una suggestiva via d’accesso, scavata nella roccia tufacea.
Le porte d’accesso
Le porte d’accesso
In Ajello si accedeva attraverso quattro porte: porta di Suso; di S. Giovanni; del Tubolo e dei Pignatari.
L’ex Convento degli Osservanti e la Cappella Cybo
Il terremoto del 1638 non distrusse solo parte dell’abitato e del castello, anche la struttura del convento ne subì gli effetti devastanti (sebbene non andò distrutto totalmente, visto che da un documento del 1771, si evince che, per un certo periodo coesistettero sia il nuovo sia il vecchio convento). Sorto quindi originariamente in un sito diverso (Piano della Fontana) dall’attuale, per donazione del terreno, su cui costruire il Convento, da parte di Francesco Siscar, di cui s’è detto, nel 1472, poi ricostruito presumibilmente intorno al 1735, utilizzando parte del materiale smontato del vecchio Convento e quindi rimontato nel nuovo sito. Soppresso nel 1809, il convento, dopo tentativi di ripristinare l’attività religiosa, fu acquisito poi a metà del 1800 dal Comune, che lo utilizzò, in parte, per la costruzione del cimitero. Oggi, della costruzione originaria del convento non esiste che qualche rudere, oltre alla Chiesa della Madonna delle Grazie e alla Cappella Cybo, le cui parti architettoniche, come già dicemmo, furono trasportate dal Convento vecchio. La Chiesa della Madonna delle Grazie, caratterizzata dalle alte finestre ad ampolla, presenta, esternamente nello spigolo sud-est, una colonna con capitello ionico e tratto di trabeazione, alla cui sommità è collocato lo stemma in marmo di casa Cybo. Il portale d’ingresso del convento è in pietra tufacea scolpita con maschera al centro dell’arcata, con festoni di fiori e frutta. Entrando nell’atrio, abbiamo di fronte la Chiesa delle Grazie, a navata unica e con decorazioni in stucco. Nella parete di fondo (coro), conserva due brani marmorei (arte napoletana del 1500) in bassorilievo: “Annunciazione” e “Dio Padre”, appartenenti al monumento sepolcrale di F. Siscar, e provenienti anch’essi dal vecchio convento. La Cappella Cybo, il cui prospetto è alla sinistra dell’atrio, fu realizzata nel 1597. Tra gli esecutori materiali vi furono scalpellini di scuola fiorentina, che adottarono un linguaggio espressivo michelangiolesco.
Infatti, molti elementi del prospetto esterno richiamano al linguaggio scultoreo del grande Michelangelo (erme, timpani rettilinei spezzati, volti satireschi, conchiglie rovesciate). All’interno della cappella vi è l’altare a fastigio in marmi verdi, bianchi e neri di Calabria, al cui centro, ormai irrimediabilmente perduto era un affresco del ‘500 di scuola napoletana che raffigurava la Madonna delle Grazie. Nell’ex Convento si conservavano sino a poco tempo fa: una tela del pittore locale Raffaele Aloisio (1800 – 18__?), raffigurante una Santa Filomena, restaurato dalla soprintendenza di Cosenza e in attesa di una collocazione; e una tavola, sempre dell’Aloisio, dipinta ad olio, raffigurante la Madonna delle Grazie, restaurata anche essa.
Il terremoto del 1638 non distrusse solo parte dell’abitato e del castello, anche la struttura del convento ne subì gli effetti devastanti (sebbene non andò distrutto totalmente, visto che da un documento del 1771, si evince che, per un certo periodo coesistettero sia il nuovo sia il vecchio convento). Sorto quindi originariamente in un sito diverso (Piano della Fontana) dall’attuale, per donazione del terreno, su cui costruire il Convento, da parte di Francesco Siscar, di cui s’è detto, nel 1472, poi ricostruito presumibilmente intorno al 1735, utilizzando parte del materiale smontato del vecchio Convento e quindi rimontato nel nuovo sito. Soppresso nel 1809, il convento, dopo tentativi di ripristinare l’attività religiosa, fu acquisito poi a metà del 1800 dal Comune, che lo utilizzò, in parte, per la costruzione del cimitero. Oggi, della costruzione originaria del convento non esiste che qualche rudere, oltre alla Chiesa della Madonna delle Grazie e alla Cappella Cybo, le cui parti architettoniche, come già dicemmo, furono trasportate dal Convento vecchio. La Chiesa della Madonna delle Grazie, caratterizzata dalle alte finestre ad ampolla, presenta, esternamente nello spigolo sud-est, una colonna con capitello ionico e tratto di trabeazione, alla cui sommità è collocato lo stemma in marmo di casa Cybo. Il portale d’ingresso del convento è in pietra tufacea scolpita con maschera al centro dell’arcata, con festoni di fiori e frutta. Entrando nell’atrio, abbiamo di fronte la Chiesa delle Grazie, a navata unica e con decorazioni in stucco. Nella parete di fondo (coro), conserva due brani marmorei (arte napoletana del 1500) in bassorilievo: “Annunciazione” e “Dio Padre”, appartenenti al monumento sepolcrale di F. Siscar, e provenienti anch’essi dal vecchio convento. La Cappella Cybo, il cui prospetto è alla sinistra dell’atrio, fu realizzata nel 1597. Tra gli esecutori materiali vi furono scalpellini di scuola fiorentina, che adottarono un linguaggio espressivo michelangiolesco.
Infatti, molti elementi del prospetto esterno richiamano al linguaggio scultoreo del grande Michelangelo (erme, timpani rettilinei spezzati, volti satireschi, conchiglie rovesciate). All’interno della cappella vi è l’altare a fastigio in marmi verdi, bianchi e neri di Calabria, al cui centro, ormai irrimediabilmente perduto era un affresco del ‘500 di scuola napoletana che raffigurava la Madonna delle Grazie. Nell’ex Convento si conservavano sino a poco tempo fa: una tela del pittore locale Raffaele Aloisio (1800 – 18__?), raffigurante una Santa Filomena, restaurato dalla soprintendenza di Cosenza e in attesa di una collocazione; e una tavola, sempre dell’Aloisio, dipinta ad olio, raffigurante la Madonna delle Grazie, restaurata anche essa.
Le Chiese
Oltre 10 chiese erano presenti in Ajello in passato, molte distrutte (S. Nicola; S. Giovanni; S. Domenica; S. Giacomo), altre ancora in buono stato, nel cui interno conservano opere d’arte non sempre valorizzate come meriterebbero.
Oltre 10 chiese erano presenti in Ajello in passato, molte distrutte (S. Nicola; S. Giovanni; S. Domenica; S. Giacomo), altre ancora in buono stato, nel cui interno conservano opere d’arte non sempre valorizzate come meriterebbero.
S. Maria Maggiore
E’ la Chiesa Matrice di Ajello. Fu fondata forse prima del mille, alcuni però affermano nel 1321 ed eletta parrocchia poi nel 1417. Distrutta varie volte e sempre ricostruita, la chiesa è a pianta basilicale, con tre navate. Nella navata centrale vi spiccano: l’Abside con arco trionfale a tutto sesto; e l'altare in marmi policromi barocchi del XVII secolo, di bottega napoletana, il quale proviene dalla distrutta Chiesa di S. Giacomo presso il Monastero delle clarisse (oggi vi è il Municipio), assieme alla balaustra con stemmi vescovili. Nella navata di sinistra sono posti: l’altare dedicato a S. Francesco e l’ingresso della Cupola (?). Nella navata di destra, vi è allocato l’altare dedicato a S. Antonio e l’ingresso della Cappella del S.S. Sacramento (che era di giurisdizione della Congrega* del Sacramento a cui aderivano le famiglie nobili di Ajello), andata distrutta dal terremoto del 1905, di cui non rimangono che i resti dell’altare in marmo. L’esterno della chiesa presenta la facciata principale con portale litico rinascimentale e lunetta ad arco a tutto sesto del XV secolo. Sulla destra, si erge la cinquecentesca torre campanaria a pianta quadrata con monofore in tufo. Nella Chiesa di Santa Maria Maggiore, inoltre, si conserva un Ostensorio in argento lavorato a cesello; mentre, pare siano andati perduti due quadri di tale Carlo Santanna, pittore ettecentesco; ancora, due quadri di Raffaele Aloisio che però potrebbero essere gli stessi che si trovavano nella Chiesa della Madonna delle Grazie, di cui abbiamo già detto.
Le Congreghe nacquero nel XIII secolo, ma maggiormente dopo il Concilio di Trento. Erano composte da laici e avevano lo scopo di onorare il S.S. Sacramento (il S.S. Rosario; l’Immacolata).
Le Congreghe nacquero nel XIII secolo, ma maggiormente dopo il Concilio di Trento. Erano composte da laici e avevano lo scopo di onorare il S.S. Sacramento (il S.S. Rosario; l’Immacolata).
Nella Chiesa di S. Giuliano aveva sede la Congrega del S.S. Rosario a cui aderivano gli artigiani. La chiesa, in stile tardogotico è, del XV secolo, a croce latina. All’interno vi è l’Abside medioevale in tufo, e l’altare maggiore e altri due altari eretti in onore di S. Lucia e della Madonna delle Grazie. Vi sono ancora due cappelle: in quella di sinistra è conservato un paliotto d’altare ligneo in stile barocco; quella di destra, o della Madonna del Carmine, presenta: un’arcata decorata a grottesche, del 1500; e gli affreschi dell’Aloisio, in via di deterioramento, quali: “La Decapitazione di S. Giovanni Battista”; “La Madonna del Rosario”; e “La Sacra Famiglia”. Vi si conservano inoltre un vecchio organo del 1800 e una piletta dell’acqua del 1400.
Purtroppo le poche notizie su questa chiesa non ci permettono di tracciarne un quadro completo. E’ esistente sin dal 1599. Ha nella facciata un portale tardo cinquecentesco di maestranze locali, e al suo interno un affresco probabilmente attribuibile all’Aloisio, ed un Abside con decorazioni in stucchi. E’ stata restaurata, sebbene non completamente di recente. In passato fu sede della Confraternita dell’Immacolata.
Madonna del Rosario di Cannavali
Nella foto, la graziosa chiesa di Cannavali, intitolata alla Madonna del Rosario, che faceva parrocchia sino a qualche decennio fa. Al momento, non sappiamo l'anno di costruzione, ma dalla documentazione che abbiamo ritrovato, già a metà 1800 aveva necessità di restauri.
Altre chiese
Non rimangono che pochi resti delle chiese e cappelle di: S. Giovanni (presso la omonima distrutta porta d’accesso alla città); S. Francesco (L.go S. Francesco); S. Lucia (in contrada Molassàri).
Tra i palazzi più importanti di Aiello, per bellezza architettonica ed eleganza, è il Cybo Malaspina-Giannuzzi (ora Viola) della fine del ‘500. Si trova in Piazza Plebiscito. Ha una elegante facciata in travertino, con un cornicione che divide il piano terra dal piano nobile. Il portale ha due colonne laterali di ordine dorico-tuscanico che reggono una trabeazione con maschera, su cui è il alcone con balaustre. Ancora, più su, sta un frontone triangolare spezzato con al centro lo stemma gentilizio (dei Giannuzzi). A destra e a sinistra del piano nobile vi sono finestre modanate, mentre quelle del piano terra sono inquadrate da mostre in pietra evocanti un bugnato. L’androne è in stile romano, con trabeazioni, nicchie, e scale decorate in pietra. Nella facciata laterale, infine, si possono ammirare le ringhiere dei balconi in ferro battuto.
LA SCHEDA
Palazzo Cybo-Malaspina Piazza Plebiscito
AIELLO CALABRO
Epoca: prima metà del XVII secolo;
Proprietà: Famiglia Viola;
Catastale: foglio 9, particella 59;
Vincolo: notifica del 23.06.1934, ai sensi della Legge 20.06.1909, n° 364.
Palazzo Cybo-Malaspina Piazza Plebiscito
AIELLO CALABRO
Epoca: prima metà del XVII secolo;
Proprietà: Famiglia Viola;
Catastale: foglio 9, particella 59;
Vincolo: notifica del 23.06.1934, ai sensi della Legge 20.06.1909, n° 364.
Brevi note storico-architettoniche
Il palazzo, una delle emergenze architettoniche più rilevanti del Patrimonio Culturale aiellese, è conosciuto a tutti come Palazzo Cybo-Malaspina.
Pare essere verità (fonti: M. Cammera, G. Ceraudo), invece, che il palazzo (in “loco ditto in pede di Piaza) fu acquistato nel 1589 da Marco Giannuzzi Savelli dalla famiglia allora proprietaria, almeno dal 1504, dei De Amato, assieme al Suffeudo di Donna Guglielmina. Dunque del palazzo, in quell’epoca: “… la Camera Ducale (non) vi possiede abitazione alcuna, tantoché l’affittatore ed erario stanno a case d’affitto…”, ed inoltre, la Casa ducale Cybo “possiede solamente una stanza nell’angolo della città verso Ponente, situata sopra di un membro terraneo posseduto da D. Giuseppe Belmonte accosto un picciolo orticciuolo col Giardino del Reverendo D. Francesco Arlotti…”.
La proprietà del Palazzo rimane ai Giannuzzi sino a dopo il 1822. Dopo tale data l’edificio è acquistato dalla famiglia Viola, attuale proprietaria.
Danneggiato o distrutto dal terremoto del 1638, fu ricostruito nel quinquennio 1638-43.
Presenta una facciata con intonaco rustico e paraste in pietra a “bugne” negli angoli. Un cornicione divide il piano terra dal piano nobile. Il portale ha due colonne laterali di ordine dorico-tuscanico che reggono una trabeazione con maschera, su cui è posto il balcone con balaustre. Ancora più su sta un frontone triangolare spezzato con al centro lo stemma gentilizio dei Giannuzzi. A destra e a sinistra del piano nobile vi sono finestre modanate, mentre quelle del piano terra sono inquadrate da mostre in pietra evocanti un bugnato. L’androne è in stile romano, con trabeazioni, nicchie, e scale decorate in pietra. Infine, nella facciata laterale, si possono ammirare le ringhiere dei balconi in ferro battuto.
Il Palazzo Viola (proprietà Giannuzzi) del XVI secolo una secentesca balconata in ferro battuto di stile barocco al cui centro, più in alto, spicca uno stemma marmoreo con festoni a rilievo dei Viola. Il portale è in tufo decorato. Il Palazzo Maruca (proprietà Belmonte) presenta in due angoli gli stemmi gentilizi. Al suo interno si conserva una lastra tombale di un antenato Belmonte, che prima era allocata nel Palazzo Belmonte, sito in Via Castello, prospiciente il palazzo De Dominicis, distrutto dal terremoto del 1905. Nel Palazzo De Dominicis (proprietà Russo-Brasacchio) vi è un caratteristico balcone barocco che risale al XVI secolo. L’androne è caratterizzato da una scalinata decorata in pietra che si divide in due ali. L’imponente Palazzo Di Malta del 1600, costruito con grandi blocchi tufacei, ha sulla sommità del portale uno stemma gentilizio ed è arricchito da un giardino con grandi piante secolari. Tutto il centro storico di Aiello è impreziosito da diversi palazzi e case di buona architettura, da vichi, piazzette, vinelle, di straordinaria bellezza, che diventano particolarmente suggestive al tramonto del sole, illuminate dalle luci calde e soffuse dei lampioni.
Presenta una facciata con intonaco rustico e paraste in pietra a “bugne” negli angoli. Un cornicione divide il piano terra dal piano nobile. Il portale ha due colonne laterali di ordine dorico-tuscanico che reggono una trabeazione con maschera, su cui è posto il balcone con balaustre. Ancora più su sta un frontone triangolare spezzato con al centro lo stemma gentilizio dei Giannuzzi. A destra e a sinistra del piano nobile vi sono finestre modanate, mentre quelle del piano terra sono inquadrate da mostre in pietra evocanti un bugnato. L’androne è in stile romano, con trabeazioni, nicchie, e scale decorate in pietra. Infine, nella facciata laterale, si possono ammirare le ringhiere dei balconi in ferro battuto.
Il Palazzo Viola (proprietà Giannuzzi) del XVI secolo una secentesca balconata in ferro battuto di stile barocco al cui centro, più in alto, spicca uno stemma marmoreo con festoni a rilievo dei Viola. Il portale è in tufo decorato. Il Palazzo Maruca (proprietà Belmonte) presenta in due angoli gli stemmi gentilizi. Al suo interno si conserva una lastra tombale di un antenato Belmonte, che prima era allocata nel Palazzo Belmonte, sito in Via Castello, prospiciente il palazzo De Dominicis, distrutto dal terremoto del 1905. Nel Palazzo De Dominicis (proprietà Russo-Brasacchio) vi è un caratteristico balcone barocco che risale al XVI secolo. L’androne è caratterizzato da una scalinata decorata in pietra che si divide in due ali. L’imponente Palazzo Di Malta del 1600, costruito con grandi blocchi tufacei, ha sulla sommità del portale uno stemma gentilizio ed è arricchito da un giardino con grandi piante secolari. Tutto il centro storico di Aiello è impreziosito da diversi palazzi e case di buona architettura, da vichi, piazzette, vinelle, di straordinaria bellezza, che diventano particolarmente suggestive al tramonto del sole, illuminate dalle luci calde e soffuse dei lampioni.
Gastronomia
Sulle tavole degli aiellesi, assieme ai primi piatti di pasta fatta in casa: maccarrùni (tagliatelle), strangùgli (gnocchi), vi sono sostanziosi secondi piatti: vrasciòle di carne di maiale, suràche (fagioli) cotte nella pignàta, con curàcchia (cotiche), sàvuza (pietanza con le zucchine, pangrattato, aceto, menta e aglio), vecchiarèlle de juri e cucùzze (frittelle di fiori di zucca), e tantissime e buonissime altre prelibatezze, come i cullurìelli. Il tutto condito con il tipico olio di oliva locale, di ottima qualità. Le pietanze, naturalmente, vanno accompagnate con il robusto vino rosso locale. Come non ricordare la tradizionale usanza di allevare suini e la pregevole arte di fare insaccati: suppressate piccanti, capicolli, viVVulari (il guanciale di maiale), oltre che la buona produzione di formaggi, ricotte ecc. Pure i sott’oli e i sott’aceti che rendono gustoso e piacevole lo stare a tavola aggiungono un tocco di sfiziosità alla cucina aiellese. Passando ai dolci, menzioneremo tra tutti, il dolce prettamente caratteristico di Aiello: u ‘nginettu, dolce di pasta secca ricoperto di glassa detta gilep, fatta da zucchero e albume d’uova. Poi abbiamo i turdilli (dolci di pasta fritta con glassa di miele), le scalille. Buona la produzione di conserve (pomodori) e marmellate varie, oltre che la produzione di miele d’api. Prodotti tipici aiellesi sono: oltre ai taralli (biscotti speziati con àranzu (anice) e finocchio); i fichi lavorati (crucette e fichi ricoperti di cioccolato), conosciuti in tutto il mondo; poi i palloni (fichi secchi caramellati al forno e avvolti in foglie di fichi, legati con fili di ginestra); le jette (fichi al forno, infilzati in bastoncini di canne). Possiamo vantare, inoltre, l’originale ricetta di un dolce ingiustamente passato come tipico della Liguria e della Toscana: il pandolce, che ad Aiello prende il nome di pane e Santu Martinu (principali ingredienti: fichi, uva passa, noci). Infatti, le origini di tale dolce - secondo la tesi di un produttore locale di questo dolce - sarebbero da considerare cosentine, e nella fattispecie aiellesi. Le regioni menzionate, avrebbero acquisito tale ricetta dalla famiglia Cybo, sottraendone la paternità agli aiellesi. Ancora, tra i prodotti tipici di questa terra, possiamo annoverare: funghi, di qualità gastronomiche eccellenti (boleti, agarici, canterelli ecc.); gustose e profumate fragoline di bosco; castagne; noci ecc.
Artigianato
Come del resto in molte zone della Calabria (per mancanza di nuove leve che intraprendano l’arte del fare dei padri), l'artigianato di Aiello va perdendosi inevitabilmente. Sono pochi ancora gli artigiani che intrecciano a mano, con giunchi e vimini, i tipici oggetti d’uso quotidiano: i delicati crivìelli (setacci), sporte (ceste), fuscelle (forme per il formaggio) e panàri (cestini).
E’ diffusa tra le donne la tradizione di fare il corredo per le figlie facendo tèssere allu tilaru (telaio), preziosi filati (coperte, tovaglie ecc.). Alla tessitura, particolarmente distribuita nel cosentino e in Aiello, era pure collegato l’allevamento dei bachi da seta e la produzione dei cucùlli (bozzoli).
E’ purtroppo scomparsa l’usanza di modellare in terracotta: cùcume (brocche), pignate, e ceramili (tegole). Tale usanza era particolarmente presente a Borgile, frazione del comune di Aiello, dove si conservano le antiche fornaci (carcare). Pregevoli, infine, i manufatti in ferro battuto e quelli in legno, di alcuni artigiani tuttora in attività.
Tradizioni
Non mancano le occasioni di relax e di divertimento. Aiello, infatti, è teatro di manifestazioni d'arte e cultura, di rievocazioni storiche e religiose, di folclore, di spettacoli.
A febbraio, il cinque del mese, oramai dal 1783, ricorrono i solenni festeggiamenti di S. Geniale e Vutu. Infatti, "e vutu",, poiché il Santo preservò la città, limitando i danni dal terribile terremoto. In questa giornata, si celebrava messa e si andava in processione per le vie del paese con la statua di S. Geniale.
La prima domenica di maggio ha luogo invece la festa "patronale", con solenne processione e lancio di singolari palloni aerostatici.
Le reliquie del Santo giunsero ad Aiello il 26 luglio 1667, concesse da papa Alessandro VII (per interessamento del cardinale Cybo, figlio di Carlo, duca di Ajello e principe di Massa) nel 1656 (anno in cui furono estratte dalle catacombe di S. Lorenzo in Roma il 4 maggio). Nel pomeriggio della festa patronale, si svolge il famoso gioco du casu, di origini medioevali. A Carnevale, la cittadina aiellese si traveste, e maschere estemporanee sfilano lungo il corso principale.
Le reliquie del Santo giunsero ad Aiello il 26 luglio 1667, concesse da papa Alessandro VII (per interessamento del cardinale Cybo, figlio di Carlo, duca di Ajello e principe di Massa) nel 1656 (anno in cui furono estratte dalle catacombe di S. Lorenzo in Roma il 4 maggio). Nel pomeriggio della festa patronale, si svolge il famoso gioco du casu, di origini medioevali. A Carnevale, la cittadina aiellese si traveste, e maschere estemporanee sfilano lungo il corso principale.
Un altro appuntamento da non perdere è il primo luglio e il due, quando si festeggia la Madonna delle Grazie. Con solenne processione notturna (il carro adobbato artisticamente, porta la statua lignea della Madonna, percorrendo la via pellegrina, dall'ex Convento degli Osservanti, dove la statua ha sede nella pregevole Cappella Cybo, per la Chiesa Matrice di Santa Maria. Durante il tragitto, è quanto mai affascinante ammirare lo scintillante Castello, addobbato con una luminaria, e le panarine che delimitano il cammino dei fedeli. Il giorno dopo, la Madonna ritorna, accompagnata dai fedeli, al cenobio francescano. Durante la festa, hanno luogo: la fiera, istituita con decreto del 28 aprile 1842; spettacoli musicali e, giochi popolari tradizionali (pignate, sacchi ecc.).
Tra luglio e agosto, l'estate aiellese, scandita dai bagni di sole e di mare nella vicina Coreca, e dalle passeggiate pomeridiane nel bosco Faeto (Casellone), è animata da manifestazioni musicali, teatrali, cinematografiche, culturali e folcloristiche.
Ottobre e Novembre sono i mesi dedicati alle sagre enogastronomiche: vino novello (S. Martino), crucette (fichi), e cullurìelli.
A Dicembre infine, per il Santo Natale, si allestono fòcare (falò); addobbi delle vie del paese; concerti di zampognari; i presepi nelle case; il grande albero di Natale. Durante l'anno, inoltre, diverse sono le fiere e i mercati (ogni lunedì). Tra le fiere, le più importanti sono il 5 febbraio, e la prima domenica di maggio, in occasione delle feste patronali; il 25 marzo a Nuzziata (Annunciazione); 1 e 2 luglio, la fiera della Madonna delle Grazie; la fiera della Madonna del Rosario (la domenica successiva al 7 ottobre); infine, quella di S. Lucia (sabato e domenica successive al 13 dicembre).
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I riti della Settimana Santa, in preparazione della Pasqua ad Aiello Calabro.
- Il Giovedì Santo - Coena Domini nel tardo pomeriggio-sera;
- Il Venerdì Santo – Via Crucis per le vie del paese nel tardo pomeriggio-sera;
- Il Sabato Santo – Processione con Gesù Morto e l’Addolorata in mattinata; Poco prima della mezzanotte Veglia Pasquale e S. Messa;
- Domenica di Pasqua – Sante Messe in mattinata.
La Coena Domini che apre il Triduo pasquale si svolge nel tardo pomeriggio di giovedì, in S. Maria Maggiore, con la partecipazione – durante la Messa celebrata dal parroco don Jean Paul Mavungu – degli Apostoli scelti fra le persone del luogo. A fine celebrazione viene distribuito il pane benedetto sia ai discepoli che ai fedeli. La forma del pane usata ad Aiello è il “tòrtano”.
La Via Crucis che ha luogo nella tarda serata di venerdì, viene annunciata per le vie del paese da giovani chierichetti che suonano “‘e tròccane” (in italiano battole, strumento in legno – idiofono - che si “suona” in luogo delle campane il Venerdì santo). Per la Via Crucis sono previste stazioni in tutto il Centro storico.
La Processione dell’Addolorata e del Cristo Morto del Sabato Santo. Sino a qualche anno fa, si portava, dalla Chiesa di San Giuliano sino alla Matrice, il Gesù Morto (ora essendo chiusa la chiesa di S. Giuliano la processione parte direttamente da S. Maria). Da qui, la processione con la statua dell’Addolorata, seguita dal popolo, raggiunge il Calvario dove il sacerdote e il popolo si fermano e davanti alle Croci vengono recitati 5 pater, ave e gloria in onore delle piaghe del Signore alternati dal canto “io t’adoro, Santa Croce”. Poi il corteo religioso continua lungo le vie del centro storico e si conclude nuovamente alla Matrice.
Qui di seguito, immagini del 2017 (ph. Bruno Pino).
Qui di seguito, immagini del 2017 (ph. Bruno Pino).