Fonte: Il
ROMA - L'emigrazione italiana ha un secolo e mezzo di storia, ma è un fenomeno che non fa ancora parte del passato. Sono circa 4 milioni i connazionali all'estero – oltre 200 mila in più rispetto all'anno scorso - e almeno 60 milioni gli oriundi. Sono alcuni dei dati contenuti nel Rapporto 2008 sugli Italiani nel Mondo, una ricca rassegna statistica e sociale curata dalla Fondazione Migrantes della Conferenza Episcopale Italiana che, per il terzo anno, fotografa gli espatriati nei cinque continenti. «C'è un italiano in ogni posto del mondo, continente, isola - ha sintetizzato Delfina Licata, curatrice del dossier, durante la presentazione, ieri a Roma - e sono oltre due milioni gli immigrati provenienti dalle regioni del Sud». I flussi verso Germania, Svizzera, Argentina (questi i Paesi con maggiore presenza di cittadini italiani) non si sono mai interrotti, nonostante una flessione seguita al boom economico alla fine degli anni '60. La valigia di cartone è stata sostituita da simboli diversi: un titolo di studio prestigioso, la speranza di una carriera gratificante e, di conseguenza, il sogno di una famiglia. La metà dei connazionali espatriati negli ultimi anni, infatti, ha meno di 35 anni e, diversamente dai propri nonni, non fugge da una condizione lavorativa e sociale di emarginazione o disperazione. La maggior parte di questi (il 60 %) è concentrata in Europa: una scelta che non dipende solo dalla vicinanza fisica, ma anche dall'affinità culturale che permette maggiori possibilità di inserimento per giovani studiosi, ricercatori e professionisti, grazie anche al supporto di programmi comunitari di scambio o stage. Secondo i ricercatori Migrantes, più che una fuga di cervelli, però, si tratta di una vera e propria “perdita”, perché il rientro è sempre più raro: sono 52 su 100, infatti, i laureati italiani occupati all'estero che considerano molto improbabile il ritorno. In controtendenza con l' icona dell'emigrato del secolo scorso, infatti, il nuovo esodo riguarda soprattutto giovani celibi e nubili. Per illustrare come sia cambiata l'immagine di chi parte, è utile ricorrere alla storia calabrese, che, nel dossier, occupa un intero capitolo ricco di dati e storie. L'emigrazione nella nostra regione, iniziata subito dopo l'Unità, causò com'è noto lo spopolamento di interi paesi e vallate situate, in particolar modo, nella provincia di Cosenza. Prima di analizzare la nuove tendenze, i redattori di questo capitolo del Rapporto (cui ha collaborato l'Ufficio Emigrazione della Regione Calabria) si soffermano sui dati salienti della storia dei flussi migratori dalla Calabria. Si trattò, spiegano, di un fenomeno complesso e multiforme, imponente sia per la quantità di persone coinvolte che come distribuzione nei vari paesi del mondo. Dal 1860 in poi, il 90% dei braccianti, scossi dalla grave crisi agraria, riuscì a reagire solo in questo modo: la partenza diventò anche una forma di protesta, alternativa al brigantaggio, contro la classe detentrice delle terre. E la meta era soprattutto il Nuovo Mondo: Argentina, Brasile ma anche Stati Uniti. Dell'esodo nei paesi industrializzati d'Europa, invece, non si può non ricordare il triste elenco di tragedie sul lavoro in cui rimasero coinvolti numerosi corregionali. Il più terribile, l'incendio nella miniera di carbone a Marcinelle, in Belgio, costò il sacrificio di 136 italiani, tra cui molti provenienti dalla Sila e dal Crotonese. Oltre le tragedie e le ferite ancora aperte, però, c'è una realtà di famiglie di emigrate che, in ogni paese del mondo, hanno saputo ricostruire comunità solidali e orgogliose delle proprie origini. Sono gli anziani, infatti, a far da ponte tra passato e futuro, coinvolgendo le seconde e terze generazioni, a coltivare il legame con il nostro Paese. Gli oriundi, discendenti italiani senza cittadinanza né diritto di voto, sono ormai 60 milioni. Sono dedicati anche a loro le numerose iniziative regionali, o di stampo cattolico o politico, volte al sostegno sociale ed economico o alla valorizzazione delle relazioni con il luogo d'origine. Nel 2005 anche la Calabria ha istituito l'Albo delle associazioni, enti e istituzioni che operano a favore degli emigrati calabresi nel mondo. Da allora sono ben 127 i circoli iscritti, intorno cui gravita un ricco panorama di riviste, siti web, programmi radiofonici, oltre alle manifestazioni a favore del rinnovamento delle tradizioni e dell'identità. Sulla stessa linea si colloca la costellazione di musei dell'emigrazione che stanno sorgendo in quasi tutte le regioni italiane, come il Parco Old Calabria - La Nave della Sila. Luoghi della memoria e punti di riferimento per riavvolgere il filo della storia che potrebbero sostenere, come spera Don Michele Morando, direttore della Pastorale Italiani nel Mondo della Cei, riferendosi a coloro che oggi scelgono di immigrare nel nostro Paese, anche «la nostra idea di cittadinanza, in favore delle politiche migratorie e di integrazione».
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