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QUANTO è rimasto della cultura d'origine negli italobrasiliani oggi? Partendo da questa domanda, Giovambattista Trebisacce, docente di epistemologia della ricerca pedagogica dell'Unical, insieme a Gabriele Petrone e Margherita Musacco, hanno sottoposto all'assessorato provinciale alla Cultura, un progetto che intende rilevare il ricordo, la reminescenza delle origini italiane e calabresi nei soggetti della seconda e terza generazione degli emigrati tra gli anni '20 e '50 in Brasile. L'avvio del progetto, è stato ufficializzato ieri alla presenza dell'assessore Stefania Covello che ha ribadito «l'importanza di creare non solo un gemellaggio ma anche valutare l'offerta scolastica dei figli dei nostri conterranei che sono depositari di cultura, tradizioni ed identità, che da noi sono andate disperse. Si tratta di un patrimonio da recuperare e da valorizzare ». L'emigrazione italiana in Brasile inizia dalla fine del'800 con una presenza massiva di oltre 700.000 unità, molte provenienti dalle regioni del sud. «La presenza nell'America meridionale, si intensificherà con gli inizi del '900 - ha detto Trebisacce - per via della legge Usa che impediva l'accesso a chi non fosse istruito. Ciò comportò un flusso migratorio verso Argentina e Brasile, dove la presenza dei nostri corregionali era volta a “bianchizzare” la razza brasiliana dopo l'abolizione della schiavitù nel 1898 per sostituire i neri nelle piantagioni di caffè. Essi invece finirono per occupare posti nella nascente industria o si impiegarono come artigiani nelle grandi città». Il progetto si prefigge, partendo da una ricerca dei registri degli sbarchi messi a disposizione dall'ambasciata brasiliana con il supporto di associazioni di calabresi di Rio de Janeiro, San Paolo e Fortaleza, di ritrovare i figli dei migranti e conoscere ciò che loro i padri hanno tramandato, consentendo di recuperare una coscienza collettiva.
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