(...) Si è già detto che il Viceré Francesco Siscar fece donazione nel 1473 del terreno su cui costruire il Convento dei Francescani e la Chiesa, realizzata in breve tempo, tant’è che nel 1477 il Vaticano concedeva indulgenza ai suoi visitatori. Egli la scelse come sua ultima dimora, un “magnifico sepolcro marmoreo”, distrutto nel terremoto del 1638, come ricorda il De Lellis che ne riporta l’epitaffio. Ritengo però che il Convento, già previsto nel 1473 con cimiterio... (che quindi è tutt’altro che moderno) et alias comoditate, vada attribuito principalmente ai Cybo – come afferma anche il Solimena – sia per l’impronta artistica, sia per la coicidenza della devozione che la religiosa famiglia aveva per il Santo di Assisi, al punto da promuovere, nel secolo XVI, la fondazione dell’Ordine dei Cappuccini. Va detto che, per come riportato nel tempo da diversi autori e come appare nella Mappa dello Schioppa (1771), il convento era originariamente situato un duecento metri più in alto, ma, caduto in rovina nel 1600, il secolo successivo venne ricostruito nella posizione attuale, utilizzando peraltro alcuni degli elementi della primitiva costruzione, forse aggiunti alla Chiesa di S. Maria che da diversi documenti appare preesistente in loco (tesi, questa, del Liberti, e che noi condividiamo totalmente). In ogni caso, la parte più notevole giunta fino a noi è la finissima Cappella Cybo, con prospetto in pietra decorato ad erme e grottesche da ottimi scultori, che il Frangipane riteneva romani o toscani, ipotesi parzialmente confermata dal Cammera, che identifica gli artefici – su commissione di Alfonso Cybo (1596) – nel toscano Cioli, in Matini, e nel “maestro” ajellese Pietro Barbalonga. Lo stemma dei Cybo vi figura a più riprese (benché l’emblema centrale sia stato rubato, assieme ad un’acquasantiera in marmo verde) nonché all’angolo superiore esterno dell’edificio, su una colonna jonica (altro elemento ricorrente nell’architettura ajellese – così come altri paralleli andrebbero fatti con le decorazioni di S. Giuliano). L’interno della Cappella, purtroppo degradato a causa dell’ umidità, presenta un altare classico con colonne e cimase in marmi neri e verdi di Calabria, datato, nella lapide soprastante a cura del Cybo, 1597. Al centro ha un affresco con la “Madonna in trono”, anch’esso del ‘500, ma oggi totalmente corroso. Nella Cappella vennero sistemate, nel 1667, le reliquie di S. Geniale marti-re, patrono della cittadina, ottenute per interessamento del Cardinale Alderano Cybo. La contigua Chiesa di S. Maria delle Grazie, cui si accede dal pronao comune alla Cappella, venne ricostruita nel 1735, come da iscrizione posta al sommo della porta, ed è stata di recente restaurata. Il portale d’ingresso in tufo, sempre decorato a grottesche e con coevo cancello in ferro battuto, è assimilabile allo stile cinquecentesco che impronta tanti edifici di Ajello. La chiesa contiene la tavola “Madonna con Bambino” e la tela “S. Filomena” dell’ottimo, quanto sottovalutato, pittore locale Raffaele Aloisio, mentre l’organo ottocentesco è ormai disfatto. E’ peraltro molto interessante il fondo del coro, per gli altorilievi della “Annunciazione”, che facevano parte del “magnifico tumulo” del viceré Siscar, posto nell’antico convento francescano: sono una “Madonna seduta dinanzi ad un leggio”, un “Angelo annunciatore” con un’ala parzialmente mutila, e un “Dio padre”, che quindi vanno datati 1480, e probabilmente assegnati alla scuola napoletana. Del Convento, già importante se nel 1633 un fra’ Jacopo venne eletto Custode Provinciale dell’Ordine e nel 1634 venne istituito un noviziato, non rimangono che pochi locali, nella versione settecentesca; questa sua tarda forma attuale, così come quella della Chiesa, non sono assolutamente riconducibili alla struttura originaria (basti ricordare l’alto campanile visibile nei disegni Cybo e Pacichelli).
Sull'ex Convento, da Borretti.
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Si è già detto che il Viceré Francesco Siscar fece donazione nel 1473 del terreno su cui costruire il Convento dei Francescani e la Chiesa, realizzata in breve tempo, tant’è che nel 1477 il Vaticano concedeva indulgenza ai suoi visitatori. Egli la scelse come sua ultima dimora, un “magnifico sepolcro marmoreo”, distrutto nel terremoto del 1638, come ricorda il De Lellis che ne riporta l’epitaffio. Ritengo però che il Convento, già previsto nel 1473 con cimiterio... (che quindi è tutt’altro che moderno) et alias comoditate, vada attribuito principalmente ai Cybo – come afferma anche il Solimena – sia per l’impronta artistica, sia per la coicidenza della devozione che la religiosa famiglia aveva per il Santo di Assisi, al punto da promuovere, nel secolo XVI, la fondazione dell’Ordine dei Cappuccini.
Va detto che, per come riportato nel tempo da diversi autori e come appare nella Mappa dello Schioppa (1771), il convento era originariamente situato un duecento metri più in alto, ma, caduto in rovina nel 1600, il secolo successivo venne ricostruito nella posizione attuale, utilizzando peraltro alcuni degli elementi della primitiva costruzione, forse aggiunti alla Chiesa di S. Maria che da diversi documenti appare preesistente in loco (tesi, questa, del Liberti, e che noi condividiamo totalmente). In ogni caso, la parte più notevole giunta fino a noi è la finissima Cappella Cybo, con prospetto in pietra decorato ad erme e grottesche da ottimi scultori, che il Frangipane riteneva romani o toscani, ipotesi parzialmente confermata dal Cammera, che identifica gli artefici – su commissione di Alfonso Cybo (1596) – nel toscano Cioli, in Matini, e nel “maestro” ajellese Pietro Barbalonga. Lo stemma dei Cybo vi figura a più riprese (benché l’emblema centrale sia stato rubato, assieme ad un’acquasantiera in marmo verde) nonché all’angolo superiore esterno dell’edificio, su una colonna jonica (altro elemento ricorrente nell’architettura ajellese – così come altri paralleli andrebbero fatti con le decorazioni di S. Giuliano). L’interno della Cappella, purtroppo degradato a causa dell’ umidità, presenta un altare classico con colonne e cimase in marmi neri e verdi di Calabria, datato, nella lapide soprastante a cura del Cybo, 1597. Al centro ha un affresco con la “Madonna in trono”, anch’esso del ‘500, ma oggi totalmente corroso. Nella Cappella vennero sistemate, nel 1667, le reliquie di S. Geniale marti-re, patrono della cittadina, ottenute per interessamento del Cardinale Alderano Cybo.
La contigua Chiesa di S. Maria delle Grazie, cui si accede dal pronao comune alla Cappella, venne ricostruita nel 1735, come da iscrizione posta al sommo della porta, ed è stata di recente restaurata.
Il portale d’ingresso in tufo, sempre decorato a grottesche e con coevo cancello in ferro battuto, è assimilabile allo stile cinquecentesco che impronta tanti edifici di Ajello. La chiesa contiene la tavola “Madonna con Bambino” e la tela “S. Filomena” dell’ottimo, quanto sottovalutato, pittore locale Raffaele Aloisio, mentre l’organo ottocentesco è ormai disfatto. E’ peraltro molto interessante il fondo del coro, per gli altorilievi della “Annunciazione”, che facevano parte del “magnifico tumulo” del viceré Siscar, posto nell’antico convento francescano: sono una “Madonna seduta dinanzi ad un leggio”, un “Angelo annunciatore” con un’ala parzialmente mutila, e un “Dio padre”, che quindi vanno datati 1480, e probabilmente assegnati alla scuola napoletana. Del Convento, già importante se nel 1633 un fra’ Jacopo venne eletto Custode Provinciale dell’Ordine e nel 1634 venne istituito un noviziato, non rimangono che pochi locali, nella versione settecentesca; questa sua tarda forma attuale, così come quella della Chiesa, non sono assolutamente riconducibili alla struttura originaria (basti ricordare l’alto campanile visibile nei disegni Cybo e Pacichelli).