Passa ai contenuti principali

Anniversari. Quaranta anni fa, moriva a Buenos Aires #NandoAloisio, sindacalista dell'Inca Cgil

Nando Aloisio
Quaranta anni fa, il 12 novembre del '75, dopo un'operazione difficile al cuore, eseguita il 3 novembre precedente all'Ospedale Italiano di Buenos Aires, moriva il sindacalista Nando Aloisio.
«La sua morte prematura – così scriveva l'Unità nell'edizione del 5 dicembre 1975, riportando la testimonianza dei molti connazionali che lo avevano conosciuto ed apprezzato - è stata una perdita per il nostro partito e per tutti i lavoratori emigrati e noi possiamo comprendere perché ai suoi funerali a Buenos Aires hanno partecipato migliaia e migliaia di lavoratori italiani che hanno voluto stringersi per l'ultima volta intorno al presidente dell'Ufficio Inca in Argentina, al compagno che nel CCIE e alla Conferenza nazionale dell'emigrazione ne ha difeso con tanto slancio e decisione gli interessi».
Aloisio si era sottoposto ad una operazione al cuore per sostituire la valvola mitralica, impiantata una ventina di anni prima. Nonostante le sue precarie condizioni di salute, aveva voluto rinviare il delicato intervento successivamente alla missione dell'On. Zanibelli, in visita alle comunità italiane d'Argentina nel settembre 1975. Quella, per Aloisio, rappresentava un'ulteriore occasione per ribadire le istanze degli emigrati, oggetto del suo intervento alla Conferenza Nazionale dell'Emigrazione, svoltasi a Roma nel febbraio di quell'anno.
L'Unità 15 novembre 1975
Una morte improvvisa ed inattesa, quella di Aloisio, che nei mesi precedenti aveva subito diverse minacce, dovute al suo impegno sindacale e politico. La famiglia non pensò nella drammatica occasione, come ci ha riferito Italo, uno dei fratelli, di far eseguire un'autopsia, per fugare dubbi e sospetti. I congiunti chiesero invece, ma senza alcun esito, di incontrare il chirurgo che lo operò. Un punto interrogativo che continua ancora oggi a rimanere tale. Quello che è certo, è che nel periodo in cui il Nostro si occupa di sindacato ed emigrazione, l'Argentina era diventata un paese difficile in cui vivere e testimoniare le proprie idee e la militanza politica a sinistra.
La situazione di grave pericolo che egli avverte viene peraltro confidata all'amico Pajetta, della sezione esteri del P.C.I., in diverse lettere che abbiamo reperito all'Istituto Gramsci di Roma. In particolare, nella lettera del 5 ottobre 1974, il sindacalista riferisce circa le minacce ricevute alla sede dell’Inca. «Ultimamente sulle mura di Buenos Aires stanno apparendo scritte della “Juventud Peronista” del seguente tenore “Creer, Obedecer y Combatir por Peron”, ciò indica che i nostri compaesani fascisti sono già inseriti nelle trame nere locali e quindi dobbiamo prevedere che l’attacco al nostro Ufficio non resterà una cosa isolata. La devastazione dell’Inca ha suscitato un gran timore nei circoli democratici della nostra Collettività ed un senso di paura che in alcuni è diventato proprio panico nel quadro oscuro della situazione nazionale dove i sequestri, gli attentati e gli assassini si contano a decine e decine tutti i giorni, e dove le minacce di morte da parte dei cosiddetti “squadroni della morte” ora chiamati “A.A.A.” (Alleanza Anticomunista Argentina) a parlamentari, artisti, scrittori, attori, ecc. sta seminando il panico provocando già l’abbandono del paese da parte di professori e rettori universitari, attori cinematografici e teatrali [...]».
Fernando Aloisio in Argentina c’era andato da emigrato nel 1948. Nato ad Aiello Calabro (Cs) il 28 aprile 1923, da Carlo e Ida Nicastro, si era diplomato come perito agrario, e aveva ricoperto dal 1944 al 1946 la carica di presidente dell’Ucsea, l'ufficio comunale statistico economico dell’agricoltura. L’impegno in politica lo aveva portato, dal 1943, ad organizzare la Camera del Lavoro locale e la sezione del Partito Comunista di cui è il primo segretario, oltre che membro del Comitato federale del PCI di Cosenza. Partecipa attivamente nel 1946 alla campagna in favore della Repubblica per il Referendum che diede all’Italia le sue attuali Istituzioni democratiche. Nel 1947-48 è con i contadini della sua regione per l’occupazione delle terre. «Col filo spinato e paletti – rievoca Verduci nel libro Memorie di Lotta (2002) – sia sul greto del torrente Maiuzzo che su quello del fiume Oliva, avevamo delimitato una proprietà. […] Quelle terre le occupammo e le assegnammo, delimitandole con bandierine rosse, ai contadini […]». Dopo quella esperienza, chiuso per ordine governativo l’ufficio dell’Ucsea, Nando si ritrova senza lavoro e giunge il momento di partire, come fanno in quel periodo tantissimi altri calabresi, per dare sostegno economico alla numerosa famiglia.
Nel nuovo mondo inizia a lavorare in una grande impresa agricola del Rìo Negro. Un lavoro però che non garantiva adeguate rimesse per la famiglia rimasta in Italia. Trova un lavoro più remunerativo in una azienda petrolifera di Campana, cittadina industriale poco distante dalla capitale federale, facendo l'autista. Poco dopo, a Buenos Aires, il 21 settembre 1950, sposa Emma Cuglietta, una ragazza del suo paese emigrata anni prima. Dal 1954 si stabilisce a Buenos Aires, impiegato nel Banco de Italia y Rio de la Plata, dove svolge anche attività sindacale. È molto attivo nella vita associativa degli emigranti italiani. Fa parte dell'Associazione antifascista Azione Italiana Garibaldi, della Commissione Direttiva dell’AIMI (Unione e Benevolenza) e di Feditalia (Federazione delle Società Italiane in Argentina), ed è membro del Gruppo Permanente del Lavoro e del Comitato di Coordinamento delle attività assistenziali del Consolato Generale d’Italia. Intensifica, poi, a partire dal 1969, con la nomina a presidente della Commissione Nazionale del Patronato Inca-Cgil, e con la partecipazione, dal 1972, come esperto del Comitato Consultivo degli Italiani all’Estero con sede a Roma, l’attività a favore degli emigrati.
Tanti, e non di poco conto, erano i problemi che i lavoratori emigrati italiani dovevano affrontare nella vita di tutti i giorni, in un contesto di grave crisi economica, come quella che stava vivendo il paese a metà degli anni '70: minacce di licenziamento, decurtazione degli orari di lavoro, inflazione e riduzione del potere di acquisto dei salari; un generale peggioramento delle condizioni di vita.
L'apertura della Conferenza Nazionale dell'Emigrazione di Roma
La Conferenza Nazionale dell'Emigrazione, un traguardo importante, lungamente inseguito dal movimento operaio e democratico, organizzata congiuntamente dal ministero degli Esteri e dal Cnel, il Comitato nazionale per l'economia e il lavoro, tenutasi alla Fao di Roma, dal 24 febbraio al primo marzo del '75, registrerà più di mille partecipanti, tra rappresentanti delle comunità di emigrati, politici, sindacalisti. Aloisio è uno dei delegati per l'America Latina, che allora contava circa 2 milioni di emigrati italiani. Nel suo discorso aveva evidenziato la necessità di intraprendere una nuova politica dell'emigrazione, e ottenere «l'assoluta parità di tutti i cittadini italiani, emigrati e non emigrati». «Senza questa ineludibile premessa la Conferenza Nazionale non avrebbe avuto alcun senso e sarebbe stata una cosa puramente formale».
«Un paese che si considera civile come il nostro – disse Aloisio nel corso del suo intervento - non può più permettersi di seguire la strada finora percorsa in materia di emigrazione, privo di una politica al riguardo e solo preoccupato, finora, di risolvere i suoi problemi espellendo una parte considerevole dei propri figli, alleggerendo così la pressione politico-sociale e facilitando determinate soluzioni ai problemi del nostro popolo segnalandogli il cammino dell'espatrio, adescato generalmente da una falsa informazione che ha presentato quasi sempre come paradisiaco quello che è invece il tremendo dramma dell'emigrazione». 
Ritaglio articolo su Il Quotidiano del Sud di sabato 14 novembre 2015
Già prima del quarantennale della morte, per volere della famiglia, la scorsa estate, la sua cittadina natale, Aiello Calabro (Cs), ha accolto le sue ceneri – accompagnate dai figli Carlos e Alfredo, e dal fratello Italo – e che ora riposano nel locale cimitero. A lui sono state intitolate la piazzetta in cui c'è la casa paterna dove nacque e visse sino alla partenza per l'Argentina, e la Camera del Lavoro di Amantea.

Commenti