Il 18 febbraio del 1915 muore a Firenze l'Aiellese Costantino Arlìa, purista della lingua e accademico della Crusca
Copano
è una località a sud est di Aiello, conosciuta per le curve tortuose della
strada provinciale che l’attraversa. Il 24 agosto del 1828, alle
ore dodici, da quella frazione arriva in Comune la signora Grazia Casanova, di
professione levatrice, di anni 60, e presenta al sindaco ed
Ufficiale dello Stato Civile, Geniale Maruca, un bambino
appena nato. È stato ritrovato dalla signora Casanova qualche ora
prima, alle 7 del mattino, “avanti la
Pagliaia del suo fondo detto Copano ove domicilia”. Il
neonato è stato abbandonato, così riporta l’atto di nascita,
“dagli autori dei suoi giorni, in
fasciato con alcuni panni di lino bianco, con fascia di Bambace
bianca, ricci di cambri bianchi, al collo, legato con un cordone di
lana nero, con una barca di seta, color paglino e fettuccia rossa ed
altra bianca colla testa ignuda senza alcun segno, cifra, o lettera
sul collo. Noi ufficiali dello Stato Civile dopo aver visitato detto
bambino l’abbiamo ritrovato essere maschio, della età apparente di
tre giorni. La stessa ha inoltre dichiarato di dare al bambino nome
di Costantino cognome Adriano”. Nello
stesso documento, è annotato che il 16 gennaio
1836, 8 anni più tardi,
don Bonaventura Arlìa, dottore fisico e cerusico di Amantea
dichiarerà di
riconoscere per proprio figlio il
piccolo Costantino, nato il 23 di agosto del 1828. Inoltre, lo stesso
24 agosto, dopo la registrazione in comune, il trovatello riceverà
il battesimo nella chiesa di Santa Maria Maggiore.
Costantino,
dunque, adottato dalla levatrice, cresce ad Aiello. La
sua formazione scolastica inizia però nel seminario di Tropea, nella
cui Diocesi erano compresi all’epoca sia Aiello che Amantea. In
seguito, dopo un periodo di studio da autodidatta, si trasferisce a
Napoli, dove si laurea in Giurisprudenza. È il 1861 quando inizia la
carriera in magistratura come Procuratore del Re presso il Tribunale
di Ivrea. Da qui andrà a Torino come capo sezione al Ministero di
Grazia e Giustizia; e poi a Roma. Nel 1890 si dimette per motivi di
salute dall’incarico ministeriale di direttore della seconda
divisione e subito dopo, nel febbraio 1891, si trasferisce a Firenze,
assieme alla compagna Giuseppina Massaglia. Con quest’ultima si
sposa nella città del Giglio, ormai avanti con gli anni, il 4
febbraio 1906. Nel capoluogo toscano, Costantino Arlìa passa a
miglior vita nella sua casa di via S. Gallo 81, per una emorragia
cerebrale, il 18 febbraio del 1915. «L'ultimo periodo della
sua lunga vita (morì a 86 anni) – si legge nel necrologio
pubblicato sul «Giornale storico della letteratura italiana» –
venne funestato dalla cecità, ma egli sopportò con stoicismo la sua
sventura, consolando le tenebre da cui era avvolto con le luci sempre
vivide della memoria e dell'intelletto». Fu, il Nostro, secondo
l’anonimo estensore, «editore e annotatore amoroso e sagace»,
sebbene non «un letterato di professione, ma ciò non tolse che egli
amasse e studiasse le lettere nostre con vera e instancabile
passione».
Costantino
Arlìa che per tanti anni aveva svolto la professione di magistrato,
è conosciuto però come filologo e italianista. Tra le sue
pubblicazioni più note, il “Lessico dell’infima e corrotta
italianità” che scrisse insieme a Pietro Fanfani. La competenza
filologica e lessicografica acquisita, nonché le numerose
pubblicazioni a tema, fecero dell’Arlìa un autorevole linguista,
tanto da essere chiamato a far parte dell’Accademia della Crusca.
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